Gli italiani e le regole

Negli ultimi giorni la crescita esponenziale dei casi di covid-19 in molti Paesi nord-europei e il numero ancora abbastanza limitato di contagi in Italia ha stupito giornalisti e commentatori stranieri. Ma come è possibile che un Paese noto per non farne una giusta sia sulla retta via? Ho già raccontato mesi fa come alcuni miei contatti olandesi abbiano tentato di spiegarsi la situazione in Italia con l’ipocondria di cui, secondo loro, saremmo affetti. Questa settimana sono spuntate altre spiegazioni altrettanto fantasiose.

L’idea che forse gli italiani non sono poi così allergici alle regole è stata ovviamente rigettata da molti commentatori. Come vi ho già spiegato, i luoghi comuni sono duri a morire. No, nemmeno vivere in Italia per anni aiuta: gli articoli di alcuni corrispondenti olandesi in Italia sono spesso intrisi di stereotipi e costituiscono una fonte inesauribile di spunti per questo blog. Poi, in questo caso, si tratta di uno stereotipo a cui persino noi italiani siamo così affezionati da crederci ciecamente. Ora il premio della spiegazione più fantasiosa va a Boris Johnson, che a marzo affermava che la situazione in Italia era così tragica perché non seguiamo le regole, e ora dice che non si possono imporre regole così severe agli inglesi, perché amano troppo la libertà per poterle seguire.

Fortunatamente alcuni hanno approcciato il dilemma in modo razionale. Per esempio, il quotidiano inglese The Guardian e Pfeijffer spiegano come il segreto dietro ai limitati contagi in Italia sia molto semplicemente un sistema di test e tracciamenti che funziona. Invece il giornalista olandese Jarl van der Ploeg (corrispondente per de Volkskrant) preferisce affidarsi agli stereotipi: gli italiani – spiega – sono noti per non rispettare le regole. Se sa di non rischiare una contravvenzione l’italiano medio tende a passare con il rosso al semaforo. Se però, per esempio, c’è un poliziotto all’incrocio, allora fa il bravo. Ecco spiegata la ragione per la quale – a suo parere – stiamo seguendo le regole: temiamo sanzioni e l’idea di tornare al nostro lockdown estremo non ci sembra allettante. In sostanza, eravamo scapestrati, e ora siamo diventati pusillanimi.

Ma sono gli stranieri – e in particolar modo gli olandesi – poi così ligi delle regole? No, e infatti tutti gli olandesi hanno visto le foto del proprio ministro della giustizia neo-sposino abbracciato alla suocera. Altri risolvono il problema dei divieti in alcune zone semplicemente spostando le proprie feste nelle regioni confinanti. Poi ci sono quelli che ostacolano i tracciamenti dell’azienda sanitaria locale (GGD), i negazionisti “Pappalardo-style” (chiaramente non sono arancioni perché qui è il colore nazionale) e ora persino le influencer che lamentano una limitazione della propria libertà individuale per colpa delle restrizioni.

Probabilmente la nostra supposta abitudine a non rispettare le regole è la ragione che porta spesso gli stranieri a imitarci non appena oltrepassano le Alpi. In fin dei conti il proverbio inglese dice when in Rome do as the Romans do. Così alcuni mesi fa la giornalista olandese Pauline Valkenet in un suo articolo ha confessato candidamente di aver violato il lockdown. In fin dei conti Roma è così grande che la Polizia non può tenerla tutta sotto controllo, e poi la sua passeggiata non ha mica messo a repentaglio la vita di nessuno! Forse lei ha deciso di obbedire solo alle regole del lockdown olandese, definito dal premier Rutte “intelligente” perché tutti potevano uscire di casa purché mantenessero le distanze. Era forse “stupido” il lockdown italiano?

Se analizziamo il nostro rapporto con le regole dobbiamo ammettere che spesso tendiamo a trovare scappatoie, e sappiamo bene che è probabilmente una conseguenza del nostro scarso senso dello Stato. Tuttavia, il nostro Paese non è una giungla in cui nessuno si ferma al semaforo, e ricorrere a luoghi comuni triti e ritriti non può aiutare a capire le ragioni dietro il comportamento degli italiani in una situazione di emergenza come quella che stiamo vivendo. Però, ciò che stupisce davvero è che mentre gli altri popoli raramente accolgono e sposano i luoghi comuni su sé stessi con entusiasmo, noi italiani siamo affetti da tafazzismo (avrei potuto dire “masochismo” ma volevo un’immagine più viva…) e ci affezioniamo così tanto agli stereotipi che danneggiano la nostra immagine da interiorizzarli. Non solo, ci crediamo persino inferiori agli altri e ripetiamo in continuazione che all’estero tutto funziona perfettamente. Sembriamo un po’ un atleta ai blocchi di partenza che decide di non partire neanche perché sa che tanto perderà. Ci servirebbe una terapia d’urto contro il tafazzismo imperante. Riusciremo mai a trovare l’antidoto in Italia? Magari possiamo andarlo a prendere all’estero, dove tutto è possibile.

Anatomia di uno stereotipo

Il mio lavoro di insegnante di italiano ha molti pregi ma anche un enorme difetto: mi ha sempre esposta enormemente a una delle cose che più odio al mondo, gli stereotipi. Li detesto perché sono come i pettegolezzi: sciocchi e accecanti, impediscono a chi li dice di vedere la realtà e di conoscere davvero una cultura. E dal momento in cui le culture sono tra le mie più grandi passioni, capite bene che gli stereotipi sono da sempre il mio nemico dichiarato.

Inizialmente ho combattuto questi luoghi comuni con tutte le mie forze: ho fornito prove per smontarli e ho cercato di ragionare con i miei studenti con tutta la pazienza di cui disponevo. Poi ho capito che era tutto inutile perché invece di indebolirli finivo solo con il dare loro nuovo vigore, e ho cambiato approccio. Sono diventata una collezionista di stereotipi. Come funziona? Beh, un po’ come con una collezione di farfalle o insetti: li raccolgo pazientemente, li porto a casa e li classifico. Una volta capita per bene la loro anatomia, li racconto qui sul blog.

L’analogia tra insetti e stereotipi nel mio caso è perfetta perché sono entrambi organismi viventi: si nutrono, crescono e si riproducono abbondantemente. L’unico elemento che differenzia gli stereotipi dagli insetti è il loro essere immortali. Mi dispiace, non esiste DDT che tenga: potete decapitarli o provare a trafiggerli con un paletto di frassino, ma sarà tutto inutile. Anzi, più vi accanite e più rischiate di farli prosperare. Credo che l’unico modo per renderli quasi innocui, come avviene in tanti altri casi, sia riderci sopra.

Oggi parleremo di uno stereotipo fresco fresco capitato nel mio retino solo la settimana scorsa. Dopo aver descritto a marzo il nostro Paese come un pericoloso untore di Covid-19, la stampa internazionale si è resa conto che la situazione al momento in Italia è decisamente più sotto controllo rispetto a molti altri grandi Paesi europei e non. Così, sia il Guardian che il New York Times hanno scritto un articolo ed elogiato l’Italia per aver tenuto sotto controllo la diffusione del virus. Questi articoli mostrano come, a dispetto del luogo comune secondo il quale gli italiani non rispettano le regole, in questa circostanza si sono comportati meglio dei loro vicini di casa nord-europei.

Un mio contatto olandese su Linkedln ha postato questa notizia commentando che forse lo stereotipo sugli italiani che non rispettano le regole è da rivedere. Ma ecco che nei commenti troviamo la soluzione all’enigma: questa volta gli italiani hanno seguito le regole perché sono ipocondriaci. Cioè: non è possibile che le abbiano seguite perché sanno essere diligenti… se proprio ci tocca rivedere uno stereotipo affibbiato a un popolo, allora è necessario trovare una spiegazione altrettanto negativa. Questo procedimento lo chiameremo “sostituzione di stereotipo”. Ma perché gli italiani sarebbero ipocondriaci?

Da sempre il popolo olandese si vanta della propria forza fisica e resistenza alle malattie. Come racconta lo scrittore olandese Ilja Pfeijffer, emigrato a Genova più di dieci anni fa, un vero olandese quando si prende un raffreddore o un’influenza non prende medicine e continua ad andare stoicamente al lavoro (magari pedalando pure dieci chilometri sotto la pioggia in bici per arrivarci) come se nulla fosse, poichè prendere medicine o stare a casa è un atteggiamento da pusillanimi. Questo approccio è evidente anche nel comportamento dei medici olandesi, ed è fonte di enormi lamentele da parte degli italiani sui gruppi Facebook. Per la precisione, gli italiani si lamentano perché ottenere una visita con uno specialista in Olanda è piuttosto arduo, e perché in caso di influenza o malanni non molto gravi i medici di base prescrivono sempre e solo paracetamolo. Così mentre gli italiani pensano che i medici olandesi non prendano i loro problemi in seria considerazione, probabilmente i medici olandesi pensano che gli italiani abbiano l’abitudine di rivolgersi a un medico anche per il classico “pelino che tira”, mentre dovrebbero imparare a sopportare con la schiena dritta i propri acciacchi.

Il problema ora però è che tale atteggiamento non è accettabile nel caso del Covid-19, perché in questo caso ignorare i sintomi non è più un segnale di stoicismo, ma piuttosto un segno di incuranza nei confronti del prossimo. È probabilmente per questa ragione che in Olanda, a differenza di in molti altri Paesi europei, indossare le mascherine è obbligatorio solo sui mezzi pubblici e in alcune zone di Amsterdam e Rotterdam. In numerosi dibattiti e interviste i virologi hanno ripetuto ossessivamente che lavarsi le mani è più importante che indossare le mascherine, senza rendersi conto che indossare la mascherina è un modo per proteggere gli altri più che se stessi. Però capite bene quanto sia difficile chiedere di fare attenzione ai propri sintomi a persone abituate a considerare negativamente il prendersi cura di sé stessi.

Così mentre secondo la prospettiva olandese gli italiani sono ipocondriaci perché tutta l’attenzione che dedichiamo a noi stessi è sintomo di mollezza di carattere, noi consideriamo gli olandesi egoisti e incuranti del valore della vita umana. Non pensate che vi sia odio alla base di questo scambio di giudizi negativi: esso si basa sui propri valori e punti di vista e ci mostra solo una visione della vita profondamente diversa. Dal momento in cui la fonte degli stereotipi è il sostrato culturale, nessuna delle due parti potrà mai abbattere i pregiudizi dell’altra. Così, a meno di fare uno sforzo eccezionale per capire le ragioni dell’altro, i nostri valori e la nostra cultura ci obbligheranno a vivere per sempre come dei novelli Sisifo, appesantiti da un carico di stereotipi e giudizi negativi.

Altre abitudini alle mie latitudini

“Altre abitudini alle mie latitudini…” cantava Gianmaria Testa. Credo che queste diverse abitudini siano sempre state evidenti agli immigrati con spirito di osservazione, ma gli approcci talvolta totalmente diversi con cui i diversi Paesi europei hanno recentemente reagito alla pandemia ci hanno mostrato la grande differenza culturale all’interno del nostro piccolo continente.

Alcuni mesi fa, mentre gli italiani faticavano a trovare mascherine nelle farmacie, qui in Olanda ai cittadini veniva detto che non era necessario metterle perché bastava mantenere la distanza minima di 1,5m tra le persone. Anche qui mancavano le mascherine negli ospedali, ma nessuno ha osato dire che lo Stato era disorganizzato.

La questione mascherine è arrivata solo da inizio giugno, quando sono diventate obbligatorie sui mezzi di trasporto pubblico. Sento arrivare l’osservazione: “Sicuramente gli olandesi rispettano le regole, non come noi…” e la placco subito: ho visto comportamenti virtuosi sia in Olanda che in Italia, ho visto persone incuranti e distratte in entrambi i Paesi. Qui in Olanda ho assistito a discussioni animate tra passeggeri che sostenevano che l’uso della mascherina fosse una violazione alla loro libertà personale, e una settimana fa si sono tenute manifestazioni in molte città contro non solo l’uso delle mascherine ma anche la distanza interpersonale e i vaccini.

Negli altri luoghi pubblici quali bar, ristoranti, farmacie e persino parrucchieri la mascherina non viene usata dai clienti, ma nemmeno da chi ci lavora. Non la usa chi prepara le vostre bevande magari chiacchierando con le tazze a portata di gocciolina, non la indossano parrucchieri e barbieri. Semplicemente, viene indossata solo dal personale sanitario e sui mezzi di trasporto pubblico.

La settimana scorsa però con la crescita del numero dei contagi è tornato anche il dibattito sulle mascherine. Infatti, alcuni sindaci di città del sud, preoccupati dal numero dei contagi, hanno chiesto di poter imporre ai propri concittadini di indossarle. Poi il problema è diventato nazionale, e ci si è domandati se la mascherina fosse necessaria, ma il fatto che sia divenuta obbligatoria nella maggior parte dei Paesi europei non ha minimamente scalfito la sicurezza sia dei politici che dei cittadini olandesi, che hanno continuato a crederla non necessaria. Dopo lunghe discussioni le mascherine sono infine divenute obbligatorie solo in alcune aeree di Rotterdam e Amsterdam.

Ecco un esempio del tipico approccio olandese nei confronti dell’estero. In una intervista radiofonica su NPO radio 1 la virologa olandese Anne Wensing ribadisce che ciò che fanno all’estero non va imitato e subito – ettipareva – fa un esempio riferendosi al nostro Paese: “Dobbiamo basarci su cosa dicono gli scienziati. Sono stata in Italia e ho visto che là la mascherina è usata come un accessorio di moda. Lavarsi le mani è la cosa più importante”. L’intervistatrice ride divertita: “Non mi stupisce che in Italia sia diventata una moda”. La virologa non ha lontanamente pensato che forse in Italia questa misura sia stata attuata su consiglio di scienziati ed esperti nel settore tanto competenti quanto i loro colleghi olandesi. E mentre insiste sul fatto che “è più importante lavarsi le mani” non le viene in mente che indossare la mascherina possa essere un modo per proteggere gli altri più che sé stessi. In sostanza, mentre in Italia guardiamo spesso con enorme stima a cosa accade all’estero e ripetiamo il mantra “Là certamente queste cose non succedono”, gli olandesi sono totalmente insensibili al fascino dell’estero.

Non pensate però che gli olandesi non siano interessati a sapere cosa avviene oltre i propri confini nazionali. Al contrario, i giornali e il principale telegiornale del Paese dedicano moltissimo spazio e attenzione agli avvenimenti esteri, molto più che in Italia, ma è l’approccio ad essere diverso. Per esempio, gli olandesi hanno seguito con preoccupazione le immagini della sfilata dei camion dell’esercito a Bergamo, mentre molto meno pathos e attenzione è stato dedicato alla situazione nel loro Paese dove ad inizio pandemia tutto era così sotto controllo che il ministro della salute si è dimesso dopo essere svenuto in Parlamento per il troppo stress. Un altro esempio è la formazione del governo Rutte IV nel 2017. Mentre il Paese è rimasto più di sei mesi senza un governo, i miei studenti mi dicevano preoccupati che la situazione politica in Italia sembrava alquanto instabile. I giornali e i telegiornali riportavano raramente notizie sulla formazione del nuovo governo – in pratica ne parlavano solo quando un partito decideva ufficialmente di sfilarsi dalla coalizione – e i cittadini hanno continuato la loro vita con la tranquillità che li contraddistingue, lo specchio della loro incrollabile fiducia in sé stessi e nel loro Stato. E su questo punto, davvero, dovremmo proprio prenderli a modello.