Da qualche tempo il mio blog ha alcuni lettori affezionati che commentano volentieri e mi lasciano le proprie impressioni. Non posso che esserne contenta perché adoro le discussioni e se non volessi sapere l’opinione altrui certamente non scriverei un blog. Tuttavia, mi è rimasta la paura di essere offensiva e mi è stato talvolta detto che non sono obiettiva o che sono troppo critica nei confronti dei Paesi Bassi, così ho deciso di fare un post in cui, per dirla in modo elegante, spiego la mia metodologia.
La cosa curiosa è la direzione delle critiche. Mi spiego meglio: cerco sempre di fare post piuttosto equilibrati e di mostrare quelli che a mio parere sono sia i lati negativi che quelli positivi di un luogo o di una cultura. In un mio vecchio post, per esempio, dicevo che gli olandesi hanno perlopiù uno stile di scrittura semplice e essenziale, e di conseguenza fanno spesso fatica a capire metafore e pensieri astratti e fumosi. Nello stesso post ironizzavo sulla conoscenza dell’inglese degli italiani. Entrambe le dichiarazioni non sono vere al 100%: esistono ovviamente olandesi che amano scrivere periodi lunghissimi e italiani che parlano benissimo l’inglese. Per quanto mi riguarda, esistono anche olandesi che non sanno l’inglese (ho insegnato per molti anni inglese qui, fidatevi che ce ne sono tanti) e italiani che ignorano cosa sia una metafora. Ebbene, mentre gli italiani erano tutti pronti ad ammettere le proprie scarse doti linguistiche, alcuni olandesi si sono offesi e mi hanno ribadito le loro abilità narrative. Che poi la semplicità è un qualcosa di bellissimo, e scrivere sempre in modo incomprensibile come facciamo noi italiani è una condanna, ma vabbè. Altre volte, soprattutto nei gruppi Facebook di expat italiani, ho notato che ad arrabbiarsi per la minima osservazione non propriamente positiva sul Paese estero in cui vivono sono proprio gli italiani, che invece applaudono ogni critica spietata nei confronti dell’Italia. Non so se la causa di questo atteggiamento siano i secoli di dominazioni in Italia, ma certo siamo molto servili nei confronti degli stranieri.
Per scongiurare problemi futuri vorrei spiegare qui il mio approccio, e per farlo vorrei partire da un aneddoto. Alcuni anni fa ho tenuto un corso di letteratura in inglese presso una università americana qui nei Paesi Bassi. Prima dell’esame finale gli studenti dovevano presentarmi un elaborato che doveva essere una “analisi critica”. Una studentessa mi ha chiesto dubbiosa: “Ma io voglio fare il mio lavoro su una femminista che stimo moltissimo. Come faccio se non trovo nulla di negativo su di lei?”. Non aveva capito che l’essere critici significa analizzare fatti e situazioni cercando di mantenere uno sguardo oggettivo, e questo è l’atteggiamento che cerco di avere. Lo faccio sempre, ogni giorno, in ogni ambito. Analizzo tutto cercando aspetti positivi e altri negativi. Avete presente Lucy dei Peanuts? Ecco, sono io. Ho imparato a farlo all’università dal mio amato prof di filosofia, che ogni giorno a lezione ci invitava a riflettere sui fatti di cronaca per scoprire un punto di vista nuovo, e non ho intenzione di smettere.
Da sempre sostengo sia indispensabile avere uno sguardo critico nei confronti del Paese in cui viviamo, sia esso l’Italia o un Paese estero, e questo atteggiamento è ancora più necessario se nei confronti di quel posto è scoccata la scintilla. Mi spiego meglio. All’università avevamo tutti una lingua e una cultura del cuore, e la mia era quella della perfida Albione. Non so bene perché sia andata così, credo per colpa di David Bowie, ma non saprei dire. Alcune mie compagne di corso invece dicevano di amare la Francia perché i ragazzi francesi sono tutti belli (non so se sia vero, ma una mia amica aveva una solida teoria al riguardo) altre la Spagna perché là tutti ballano in continuazione e si ubriacano di sangria. L’amore è irrazionale, si sa. A un certo punto però è diventato necessario andare sul posto a toglierci le fette di prosciutto da davanti agli occhi.
Così in Inghilterra ho scoperto luoghi in cui la depressione è così visibile che si respira nell’aria, e sembra aver contaminato non solo le città ma soprattutto i cuori delle persone. Ho lavorato come interprete per i servizi sociali, e ho visto cose che sfuggono al turista che si fa la foto davanti a Buckingham Palace. Ho visto persone accusate di furti che non avevano commesso, immigrati truffati dai datori di lavoro che sono finiti a non saper come sopravvivere, giovani che spendevano in droghe e alcol l’intero ammontare del proprio sussidio di disoccupazione e padroni di casa che stipavano gli studenti stranieri in case fredde e dai muri ammuffiti. Ho conosciuto professori universitari fantastici e altri crudeli, incontrato studenti timidi e gentili e altri viziati che non avevano mai viaggiato in seconda classe in vita loro. Ho camminato lungo scogliere mozzafiato e in posti di una bruttezza indescrivibile, speso un capitale per viaggiare in treni costosi e inefficienti e accelerato il passo la sera per evitare gruppi di ubriachi molto fastidiosi.
Il mio amore per la lingua è rimasto, quello per il Paese è cambiato ma non se n’è andato. Se pensate a una storia d’amore vi verrà facile capire cosa intendo. Prima c’è la fase in cui vediamo il principe azzurro e poi quella in cui arrivano anche i suoi difetti, che lo fanno scendere dal cavallo e lo rendono più reale. Non so bene come sia andata davvero con Biancaneve, ma io non mi sarei lasciata ammaliare da un bacio e un conto in banca prestigioso. Solo dopo aver conosciuto tutti i difetti del principe – anche i più disgustosi – avrei deciso se stare con lui.
Mi è stato detto che ho un punto di vista un po’ negativo nei confronti dei Paesi Bassi, e se devo ammettere che la scintilla non è mai scoccata perché non ho davvero scelto in modo del tutto libero di vivere qui (ho seguito il lavoro del mio partner), va anche detto che non nego di scorgere aspetti positivi nel Paese. Però questi non mi impediscono di guardare anche gli altri, quelli negativi. Di base, amo soffermarmi sull’attrito che fanno la mia cultura e quella olandese quando si incontrano: una – la mia – fondata su bellezza e edonismo, l’altra incentrata su efficienza e frugalità. Capirete bene che il risultato di questo sfregamento sono scintille continue, e che il fenomeno è troppo interessante per non essere descritto.
Confesso che invidio moltissimo gli italiani all’estero che postano foto di tulipani e dicono di aver trovato il proprio paradiso in terra perché “qui fa meno caldo che in Italia in estate”. Sì, l’ho letto veramente una volta su Facebook. Mi piacerebbe svegliarmi, vedere il sole che brilla (ogni tanto capita) e saltellare nei prati verdi come fa la Pimpa. Però non riesco a farlo. Non riesco a fare a meno di pensare che idealizzare un Paese e ignorare tutti i suoi lati oscuri sia ammissibile solo nei primi anni, quando effettivamente non si conosce bene la lingua e non si è in grado di osservare la realtà. Poi dopo, dobbiamo necessariamente essere in grado di vedere bene cosa ci circonda. Per capire cosa intendo pensate al sonetto 130 di Shakespeare: paragonare gli occhi della propria amata al sole e le sue labbra al corallo è offensivo nei suoi confronti. È molto meglio amarla per quello che è veramente.